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09 luglio 2019 - ore 08:27

LA PSICOTERAPIA ORIENTATA ALLA MINDFULLNESS

di M. F. Amato

Negli ultimi anni, non solo la mindfulness ha trovato un posto nella psicoterapia tradizionale, ma attualmente è l’area della pratica clinica che si sta sviluppando con maggior rapidità. Molti clinici hanno finito con l’accorgersi che la mindfulness è un meccanismo curativo che trascende la diagnosi, affronta le cause che sono alla base della sofferenza ed è una componente attiva delle psicoterapie più efficaci. Il valore clinico delle tecniche di mindfulness è stato dimostrato per molte difficoltà psicologiche, e gli interventi si sono dimostrati efficaci per una vasta gamma di pazienti, da soggetti con una malattia mentale cronica a bambini, adolescenti, coppie e famiglie.
La Psicoterapia mindfulness based è una psicoterapia che, al di là del modello psico-evolutivo al quale fa riferimento, considera essenziale l’inserimento della coltivazione della consapevolezza nel suo percorso.
Ci sono vari modi per integrare la mindfulness in ambito psicoterapeutico. Uno fra questi, è quello di integrare nel “tempo” della psicoterapia momenti dedicati alla revisione della storia autobiografica, all’espressione, alla riflessione, alla condivisione del proprio vissuto mentale e sensoriale e momenti di silenzio, di ascolto interiore, di attenzione. Durante la psicoterapia, proponendo l’inserimento di alcune pratiche specifiche, viene dedicato uno spazio che sia fondamento stesso della psicoterapia, a coltivare consapevolezza, cioè quello stato mentale originale della mente, centrato sul momento presente, non giudicante, caratterizzato dall’attitudine alla conoscenza, all’equanimità, alla gentilezza, unico luogo mentale in cui sia possibile accogliere e trasformare aspetti interiori  irrisolti e problematici o schemi mentali disfunzionali e patologici.
Aumentando la consapevolezza al momento presente di sensazioni( attrazione e repulsione ad es), percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, sensazioni fisiche, azioni, parole  e relazioni aiuta a trasformare la propria relazione con la sofferenza (o prevenirla) anche attraverso un’accettazione ciò che c’è così com’è. Proprio grazie a questa accettazione, che permette il contatto con la realtà, paradossalmente spesso avviene la trasformazione e insight più profondi su se il mondo, la trasitorietà, il modo di trasformare situazioni difficili e dolorose.

Un altro aspetto importante di questo approccio è l’elaborazione di una possibile teoria che vede come fulcro, il meta-meccanismo della “ri-percezione”, per significare la disidentificazione che avviene rispetto ai contenuti della coscienza. La ri-percezione viene considerato il fattore centrale che contribuisce in modo significativo agli effetti trasformativi della mindfulness, attraverso anche una rete di connessione ad altri processi aggiuntivi quali: l’autoregolazione, il chiarimento dei valori, la flessibilità cognitiva e l’esposizione.
Questo ovviamente, presuppone che il terapeuta sia in grado di maneggiare questo strumento e che sappia inserirlo, secondo le necessità del paziente e del cammino di psicoterapia in atto. A sua volta, il terapeuta stesso, affinché possa sentirsi a suo agio nel proporre questa “fusione”, oltre ad essere competente riguardo a come lavorare in psicoterapia, (seguendo il modello di riferimento conosciuto) deve avere alle spalle una solida e certificata pratica personale di mindfulness, senza la quale non otterrebbe sicuramente quegli effetti trasformativi propri di una relazione terapeutica di successo.
La differenza, in una psicoterapia mindfulness-based, infatti, oltre all’applicazione di tecniche specifiche e adatte al contesto, sembra sia proprio essere in quella qualità relazionale fatta di sfumature, di presenza ed empatia, di ascolto ed equanimità, che un “terapeuta consapevole” è più in grado di offrire.